VERSO IL COMPLEANNO DI BELMONTE (5) dI Salvatore Migliore
L’Amministrazione
comunale ha deciso di festeggiare il compleanno di Belmonte, questa la notizia
che sento di dare in apertura del mio contributo n. 5 che sto dando in
previsione del grande evento. Il nuovo Assessore alla cultura, Lucrezia
Musso ha voluto incontrarmi per dirmi
che l’Amministrazione comunale ha raccolto la mia sollecitazione e Lei, nella
qualità, si sta occupando della organizzazione della manifestazione. Presto
sarà reso pubblico il programma.
E’ superfluo dire che sono contento della
iniziativa e mi auguro che ne possano seguire altre, magari raccogliendo i
suggerimenti che ho dato nel mio libro su Belmonte. Invito, poi, i belmontesi a
fare avere le loro impressioni sul nostro paese che il 17 Aprile festeggia 263
anni di vita. Sarebbe interessante che si dicesse cosa ci si attente dal paese,
ma, soprattutto, quello che si è disposti a dare per farlo crescere in qualità.
Il mio contributo che, come al solito,
recupero dalle mie pubblicazioni, riguarda un aspetto importante della vita del
nostro paese, quello dei rapporti umani di alcuni anni fa. Quelli che non hanno
avuto la possibilità, per motivi anagrafici, di vivere quella esperienza si
renderanno conto che a quei tempi, nel nostro paese, la gente era
particolarmente sensibile ai rapporti umani.
Una peculiarità sicuramente da
apprezzare e da cogliere come stimolo per
umanizzare i rapporti in un periodo in cui sono tante le ragioni della
distrazione e del vivere da “isole”.
I rapporti umani a Belmonte negli anni ‘50
Le comunità locali, specie quelle dei piccoli
paesi come il nostro, godono di rapporti fra le persone che si caratterizzano
per solidarietà ed umanità.
Mi riferisco ai rapporti degli anni ’50 –
’60, quando ancora vi erano tante opportunità di stare assieme. Merito
dell’assenza di televisione e della scarsa presenza di automobili.
Nei trasferimenti dal paese al posto di
lavoro, in campagna, all’ufficio o ai cantieri edili di Palermo, si registrava
una forte vicinanza umana. La piazza del paese e i vari locali erano opportunità di incontro per parlare
delle cose più diverse.
Le passeggiate nella Piazza o lungo il Corso
Palermo erano una costante di quel periodo.
Dagli anni ’70 in poi, invece, il diffondersi
della televisione e delle automobili, hanno fatto venir meno, gradatamente,
quelle interessanti occasioni d’incontro.
“ Agli inizi degli anni’50 a Belmonte vi era
una vita comunitaria e solidale più forte rispetto a quella di
oggi. Non si viveva sfiorandosi o ignorandosi. Ci s’incontrava nella piazza,
nei locali di aggregazione come le sedi dei partiti e dei sindacati o in quella
dell’Azione Cattolica e si dialogava”.
Importante la piazza come luogo di incontro
in cui si coltivava la vita comunitaria,fatta da discussioni per organizzare il
lavoro o semplicemente per il piacere di stare assieme. Era anche palestra
all’aperto per attività pseudo sportive.
“ La piazza
centrale, a cominciare dal pomeriggio, ma ancor di più dopo cena, era molto
popolata. Numerosi i crocicchi di persone che conversavano, che ridevano, che
organizzavano il lavoro per l’indomani. Si arrivava in piazza e c’era l’imbarazzo della scelta del gruppo cui aggregarsi. L’appuntamento per parlare,
per incontrarsi, per un’intesa, quasi mai concordata, perchè ormai molto
consolidata, era in piazza. Specificarlo, preventivamente, era quasi
pleonastico, tanto era scontato. Era un piacere vedere quello spazio immenso,
vivacizzato dalle discussioni e dalle risate degli adulti e dai giochi dei
ragazzi, impegnati con il mazzaroccu
o a fare passulò o ancora Fra Girolamu. Facevano da contorno, in
tutte le stagioni dell’anno, ad eccezione di quella invernale, i tanti
belmontesi seduti davanti ai numerosi saloni da barba che si trovavano in
piazza o davanti ai bar di Mastru Sciaveriu, Cappello e Scalisi. Fra i primi mi
piace ricordare il salone di Mastro Vicinzinu Romano. Situato nella parte alta
della scalinata da cui era possibile, come da una tribuna, osservare
l’animazione della parte sottostante. A
scendere, quasi a sfiorare la piazza,
con un magnifico marciapiede davanti,
il salone di Salvatore Benigno. Nel cuore della piazza, vi era il salone di
Mastro Mumminu Romano, il padre di Vincenzo, Pinuzzu e Giovanni. Qui,
soprattutto d’inverno, si ballavano mazzurche, tanghi e polche, magistralmente
suonate con la fisarmonica da Pino Romano”.
A proposito dei luoghi d’incontro, mi piace
ricordare una frase che mi ha sempre affascinato: “ne viola si rici”. Era
come il lancio di un’agenzia stampa, o di una notizia dei mass media. La circostanza è stata
ricordata, più dettagliatamente, in altra parte del libro.
Il lavoro, poi, che si svolgeva in campagna
si caratterizzava per una forte componente comunitaria e solidale. Contadini e
agricoltori che lavoravano in terreni confinanti, o, comunque, vicini si
scambiavano attrezzi e prestazioni varie. A mezzogiorno, si chiamavano e si mettevano, a seconda della
stagione, sotto un albero o dentro un
pagliaio o dentro una casa, per consumare assieme il pasto portato da casa Un
pranzo modesto ma genuino, che,
generosamente, veniva messo a disposizione dei
commensali. In questa circostanza si sviluppava un fitto scambio di
cortesie, tipo: tasta stu vinu, viri comu
ti pari. E da qui una discussione sull’uva da cui si è ricavato quel vino,
sulla contrada dove l’uva è stata raccolta, sul cotto fatto, sulla botte ecc.
E, poi, ancora: pigghiati nanticchia ri
frittata. Se, poi, tutto questo
cerimoniale avveniva nelle vicinanze di
un viottolo o di una strada, chiunque passasse, conoscente o non, salutava e
veniva invitato a condividere il pranzo.
I
trasferimenti Belmonte-Palermo
Anche i trasferimenti quotidiani a Palermo,
per motivi di studio o di lavoro, diventavano momenti di aggregazione. Ricordo
le discussioni e gli scherzi che si facevano sull’autobus. Spesso, erano buone occasioni di divertimento.
La piattaforma posteriore, un ampio spazio
alla fine dei posti a sedere, oggi non più presente, sembrava un angolo della
piazza del paese.
I periodi
virgolettati sono riportati dal mio precedente libro su Belmonte.
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