In Memoria di Thomas Sankara: l’uomo del Burkina Faso che voleva un’Africa libera

 

di Giacomo Dolzani
Ventiquattro anni fa, ad Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, oggi uno degli stati più poveri dell’Africa Nera, veniva assassinato, all’età di trentasette anni, il presidente e statista Thomas Sankara.
Sankara non fu solo un uomo di stato del Burkina Faso, fu soprattutto un servitore dell’Africa intera, che aveva a cuore le sorti non solo del suo paese, ma dell’intero continente Africano.
Thomas Sankara nacque il ventuno dicembre 1949. Di famiglia cattolica, dopo aver frequentato il liceo, venne incoraggiato dai genitori a prendere i voti, ma a quella vita preferì la carriera militare, che lo portò in Madagascar.

Là fu testimone delle rivolte popolari degli anni settanta e cominciò a nutrire simpatie per la causa antimperialista, che lo portò a condividere in parte gli ideali rivoluzionari di Marx e di Lenin, dei quali lesse le opere.
Tornato in patria, stato che allora si chiamava ancora Alto Volta, fu impegnato dal 1972 al 1974 al fronte nella guerra contro il Mali, durante le quale si distinse per le azioni eroiche e per il suo coraggio, conflitto che anni dopo definì “inutile ed ingiusto”.
Nel 1976, mentre svolgeva le mansioni di comandante in un campo di addestramento, conobbe diversi ufficiali tra cui Blaise Compaoré, con i quali fondò un’associazione segreta che prendeva il nome di ROC, acronimo francese per “Gruppo di Ufficiali Comunisti”.
Negli anni successivi la sua brillante carriera gli consentì di avere importanti incarichi dal governo del paese, da cui spesso si dimise vedendo la corruzione che regnava nell’amministrazione dello Stato, fino al suo arresto che causò un’ondata di contestazioni finché, il 4 agosto 1983, con un colpo di stato guidato dai suoi fedelissimi, capeggiati da Blaise Compaoré, divenne il quinto presidente dell’Alto Volta.
Questo golpe, un duro attacco alla secolare sovranità francese in quella regione, fu sostenuto economicamente dalla Libia, che era sull’orlo di un conflitto militare proprio con la Francia nei territori del Ciad.
La sua ascesa al potere fu rapida, ed altrettanto rapidamente si mise al lavoro per attuare quelle riforme che sarebbero servite per modernizzare il paese e renderlo autosufficiente.
I primi interventi furono mirati a ristabilire la sovranità dell’autorità centrale in tutte le regioni dello Stato, per questo vennero aboliti i poteri dei capi villaggio, poteri che andavano dall’esercizio di alcune forme di schiavitù fino alla possibilità di pretendere delle tasse, e sostituiti con leggi ed una fiscalità uguali in tutto il Paese. Vennero abolite la bigamia e la mutilazione genitale femminile, venne promossa l’istruzione di donne e bambini e, per la prima volta, furono affidate a delle donne alcune cariche di governo. Questo insieme di riforme gli inimicò le fasce più conservatrici della società, che erano però poca cosa rispetto alla massa che lo sosteneva.
La sua ispirazione rivoluzionaria lo spinse anche a scelte coraggiose e rischiose quali l’espropriazione dei grandi latifondi per ridistribuire le terre ai contadini, decisione che in due anni portò il Paese a produrre abbastanza grano per essere autosufficiente, furono avviate una serie di grandi opere, stradali e ferroviarie, per unire il Paese. Venne eseguito un censimento generale della popolazione e si costruirono scuole ed ospedali in ogni centro abitato, perché il parere di Sankara era che una rivoluzione si fa partendo dall’istruzione del popolo. L’obiettivo era quello di insegnare a tutti un mestiere, in modo che ognuno avesse la possibilità di vivere del proprio lavoro e contribuire ad uno sviluppo futuro dello Stato, sviluppo che consentì di vaccinare contro la malaria due milioni di persone e di sconfiggere la fame che attanagliava il Paese.
Il nome dello stato venne cambiato da Alto Volta in Burkina Faso (nome in lingua burkinabè che significa “paese degli uomini onesti”), per sancire la definitiva rottura con il passato coloniale che aveva da sempre caratterizzato l’esistenza di quella nazione.
Nel luglio del 1987 ci fu, ad Addis Abeba, la ventitreesima assemblea dei capi di Stato e di governo dell’Unione Africana, e lì pronunciò un celebre discorso che gli procurò l’inimicizia di tutto l’Occidente.
Con il suo intervento Sankara espresse quelli che erano i suoi ideali ed i suoi obiettivi, chiese a tutti i suoi colleghi dell’Unione di consumare solo prodotti africani, di produrre beni con le risorse africane, perché il loro era un continente ricco, soprattutto di materie prime, che dovevano
appartenere solo a loro e a nessun altro. Per dare l’esempio mostrò i suo vestito, realizzato interamente in Burkina Faso, senza nessun bisogno di commerciare con l’Occidente. Invitò tutti i governi a non comprare più armi, perché un’arma comprata da un africano sarebbe servita solo per uccidere un altro africano, rafforzando le potenze imperialiste che vorrebbero dominare il continente e la sua popolazione.
La parte principale del suo discorso, e quella che più diede fastidio all’Occidente, fu però quella dedicata al debito verso le banche e verso i Paesi più ricchi. L’incitamento che fece a tutte le nazioni africane fu di rifiutarsi di pagare i loro debiti verso gli sfruttatori, perché quelli che hanno prestato soldi all’Africa sono anche la causa della sua stessa povertà, dovuta a secoli di colonialismo e sfruttamento. Quel debito verso le potenze imperialiste era colpa di quelle stesse nazioni e non degli africani che, come affermò, non erano quindi obbligati a pagarlo, perché se un povero non paga un
debito ad una banca quella banca non fallisce, ma se invece lo paga il povero muore di fame.
Grazie al sistema finanziario neo colonialista occidentale l’Africa era, ed è ancora, un continente assoggettato al volere di banche e multinazionali che ne sfruttano il sottosuolo e la popolazione.
L’ideale panafricano che aveva Sankara piacque a molti presenti all’assemblea, ma nessuno in seguito si operò per metterlo in atto, anche a causa del totale assoggettamento alle potenze estere della maggior parte dei presidenti dell’Unione Africana.
A tre mesi di distanza da quel discorso tenuto ad Addis Abeba, il quindici ottobre 1987, il governo di Thomas Sankara venne rovesciato con un colpo di stato franco-americano guidato dal suo ex collaboratore Blaise Compaoré, e lui fu giustiziato insieme ai suoi uomini più fedeli.
In poco tempo Compaoré, diventato capo del Governo, ripristinò lo status quo come desiderava la Francia, abolendo tutte le riforme fatte dal suo predecessore, accettando gli “aiuti” della Banca Mondiale e degli altri istituti di credito privati, che riportarono il Burkina Faso ad essere lo Stato
suddito dell’Occidente che ancora è oggi.


Tratto da: informatoresociale

Il popolo Burkinabé visto dalla nostra compaesana Maria Spera http://mariaspera.com/index.php?/portfolio/photographe-ambulant/










 

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