Unicredit e Generali speculano sul cibo e le terre agricole

Aiuti umanitari in Ciad. – Foto: MSF
Le multinazionali di tutto il mondo si gettano nei mercati del cibo, generando sconquassi nei prezzi di alimenti di grande diffusione come il riso, il mais e il grano, necessari per la sopravvivenza di intere popolazioni. Dall’altro lato il fenomeno del land grabbing, ossia l’accaparramento di terreno agricolo da parte di Stati o di privati soprattutto nei paesi del sud del mondo ma non solo, determina ulteriore impoverimento dei contadini costretti a emigrare o a inurbarsi e provoca notevoli danni ambientali.
La CRBM (Campagna per la riforma della Banca mondiale) rilancia sul suo sito “una ricerca di Friends of the Earth e di altre Ong europee svela il ruolo delle istituzioni finanziare nel controverso business delle commodities alimentari e dell’accaparramento delle terre”.
In un comunicato stampa del 12 gennaio 2012 dal significativo titolo “Speculazioni sul cibo, in prima fila c’è anche Unicredit” il sito denuncia: “L’Unicredit è una delle banche private che con le loro operazioni hanno contribuito a esacerbare la fame nel mondo esasperando i prezzi delle commodities alimentari. A rivelarlo un nuovo rapporto redatto da Friends of the Earth Europe, alla cui realizzazione ha partecipato anche l’italiana CRBM.
Nella pubblicazione, intitolata “Farming Money, how European banks and private finance profit from food speculation and land grabs” (scaricabile in formato pdf), sono esaminate con grande attenzione le attività di 29 grandi istituti di credito, tra cui figurano oltre all’Unicredit Deutsche Bank, Barclays, RBS, Allianz, BNP Paribas, AXA, HSBC, Allianz e Credit Agricole, fondi pensione e compagnie assicurative come l’italiana Generali. Numerosi entità, con le loro operazioni, incentivano inoltre l’accaparramento di terre a scapito delle comunità più povere del Sud del Pianeta.
Unicredit (tramite Pioneer Investments) colloca un fondo hedge specializzato in commodities (Pioneer Funds - Commodities Alpha) con un patrimonio di oltre 600 milioni di euro. Il fondo investe per oltre il 50% in commodities agricole (per il 26,3% in granaglie, per il 17,9% in soft commodities agricole, per il 6,2% in bestiame e per il 3,5% in oli vegetali).
“La crisi finanziaria epocale di questi anni e le difficoltà attuali di Unicredit nell’aumento di capitale non hanno insegnato niente al vertice di Piazza Cordusio” ha dichiarato Antonio Tricarico della CRBM. “E’ inaccettabile che tra i principali responsabili di chi affama i poveri nel pianeta ci sia la “banca made in Italy” che chiede soldi a cittadini ed investitori oggi per non sprofondare. Solamente la messa al bando di prodotti derivati e strutturati inutili e complessi, come gli exchange traded funds, collegati alle commodity agricole potrà porre fine alla speculazione sul cibo. Che Unicredit dismetta questo business e dia finalmente un segnale di cambiamento vero” ha concluso Tricarico”.
Tra l’altro si legge nelle pagine introduttive del documento: “Milioni di euro e di dollari stanno fluttuando dentro e fuori i mercati dei prodotti alimentari, causando improvvisi picchi dei prezzi nei mercati mondiali delle derrate, spingendo verso l’alto i prezzi per i consumatori. Mentre gli alti prezzi dei beni di prima necessità colpiscono molto duramente i più deboli, colpendo il loro diritto al cibo, la forte fluttuazione dei prezzi ha anche colpito i contadini poveri minacciando la produttività delle aziende agricole e aumentando la difficoltà a mantenere un reddito prevedibile. La crescita enorme della speculazione finanziaria ha determinato il fatto che i prezzi non siano più guidati solamente dalla domanda e dall’offerta, ma anche, in maniera significativa, dal comportamento degli speculatori finanziari e dall’esito dei loro investimenti”. Per questo la volatilità dei prezzi, soprattutto del riso e del grano, saliti alle stelle nel 2008 e poi precipitati per tornare a crescere negli ultimi mesi, ha causato una crescente povertà.
A ciò si aggiunge il fenomeno del land grabbing. Scrive ancora il documento citato: “Spinti dall’incremento dei prezzi del cibo e dalla crescente domanda di biocombustibile e di materiali grezzi, la quantità di acquisizioni su larga scala di terreno agricolo nei paesi in via di sviluppo sta rapidamente crescendo, minacciando la vita e la sovranità alimentare delle comunità. L’accaparramento di terre si affida ad accordi che non rispettano i diritti delle comunità locali e di quanti lavorano la terra”. Intese poco convenienti se non apertamente truffaldine, violazione dei diritti sanciti a livello internazionale, minacce e violenze, intimidazioni di vario tipo fanno sì che “i contadini, i piccoli proprietari terrieri e le comunità locali perdano la capacità di provvedere alla propria sussistenza … I cambiamenti nell’uso della terra hanno anche un impatto ambientale che si traduce per esempio nell’ aumento dell’utilizzo dell’acqua - con la privatizzazione della stessa - e dei pesticidi. I piccoli proprietari, costretti ad abbandonare le loro terre, possono stabilirsi in aree ecologicamente sensibili, causando disboscamento della foresta primaria, la perdita della biodiversità”.
E qui spuntano le Generali. Le assicurazioni Generali, sostiene il documento presentato da CRBM, sono invece coinvolte nel business del land grabbing in Romania. Poche settimane fa il Ministro rumeno per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (MADR) Valeriu Tabara lanciava l’allarme: l’8,5% del terreno agricolo del paese è in mano straniera. Il ministro è stato molto chiaro al riguardo: “Le terre agricole possedute da stranieri in Romania sono circa pari a 700.000 ettari, con l’Italia che detiene il 24,29% della superficie complessiva, la Germania il 15,48% e i paesi arabi il 9,98%. La domanda di comprare terreno agricolo è un fenomeno in aumento” Il ministro non ha citato Generali ma ha fatto una richiesta precisa all’Unione Europea di attivarsi per monitorare la situazione. La televisione francese France5 ha realizzato un approfondito documentario proprio sulla corsa all’est Europa per l’accaparramento di terre coltivabili.
Nei mesi scorsi un rapporto sul land grabbing (sono scaricabili in .pdf la versione completa e il sommario) diffuso nel mese di settembre 2011 da Oxfam Italia, focalizzato invece soprattutto sui paesi del sud del mondo stima che “Sono 227 milioni gli ettari di terra venduti, affittati o concessi in uso in tutto il mondo dal 2001. Una superficie equivalente all’Europa nord-occidentale” “Il numero senza precedenti delle compravendite e la crescente competizione per la terra sta avvenendo sulla pelle dei più poveri del mondo. In questa nuova corsa all’oro, gli investitori ignorano i diritti delle comunità locali le cui economie si fondano sulla terra”, dichiara Francesco Petrelli, presidente di Oxfam Italia. “Lo scandalo è che l’80% delle terre accaparrate rimane inutilizzato. Questa nuova corsa all’oro si intensificherà nel futuro, a causa della crescente domanda di cibo, dei cambiamenti climatici, della scarsità d’acqua e dell’incremento della produzione di biocarburanti che sottrae migliaia di ettari alla produzione di cibo”.
Insomma la campagna Sulla fame non si specula, sostenuta da Unimondo assieme a Vita, Acli, Action Aid International, Fondazione Bridges, Cocis e Pime, è sempre più attuale.

Piergiorgio Cattani

Fonte: Unimondo

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