L’integrazione scolastica degli alunni disabili: perchè?


di Salvatore Migliore

  Consentire, con supporti e modalità previsti dalla legge, agli  alunni che hanno problemi di apprendimento, la piene fruizione del diritto allo studio. Questa sarebbe stata, sicuramente,  la risposta immediata e spontanea all’interrogativo posto nel titolo.
  Una risposta corretta, ma parziale, nel senso che il solo apprendimento, ancorchè importante, non può e non  deve essere considerato il solo obiettivo. Altri e anch’essi importanti sono gli obiettivi che persegue l’integrazione scolastica.
 Obiettivi, via via,  sempre più attinenti alla crescita complessiva della personalità dell’alunno con disabilità, definiti e sempre più perfezionati dalla relativa evoluzione normativa, giurisprudenziale e culturale  sulla materia.
  Va rilevata l’attualità del problema che qui si pone in considerazione delle procedure che vanno attivate nell’immediato futuro in preparazione al prossimo anno scolastico.
  Gli interessati, innanzi tutto, le Istituzioni, la società nel suo complesso, devono avere piena consapevolezza del diritto allo studio degli alunni con disabilità per sostenerne con la necessaria autorevolezza ed efficacia il rispetto. E’ opportuno allora un escursus, sia pure breve, sia della normativa ma anche della giurisprudenza che sull’argomento è stata prodotta e che sono per  la fruizione piena, senza alcun condizionamento, del diritto allo studio, anche per le ricadute positive di natura sociale e psicologica, sul soggetto.
  La  Costituzione Italiana ha sancito che tutti i cittadini devono avere pari dignità e che davanti alla legge devono essere uguali “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”; compito dello Stato è rimuovere gli ostacoli che ne impediscono il perseguimento.
  In modo particolare, per quanto riguarda l’insegnamento stabilisce:
           La scuola è aperta a tutti (art. 34);
          Gli inabili e i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento al lavoro (art. 38);
Rispetto a questi due diritti, lo Stato si deve fare carico di fornire ogni supporto necessario per la loro fruizione e, quindi, per un’adeguata integrazione scolastica di quei cittadini-studenti con disabilità.
  L’integrazione scolastica, come accennato in precedenza, non è un’attività fine a se stessa, con l’obiettivo, cioè, di perseguire soltanto l’apprendimento dell’alunno con disabilità, ma è finalizzata anche alla sua socializzazione. Per questa ragione il legislatore si è preoccupato di prevedere, nel tempo, condizioni di attuazione, sempre più congrue, capaci di essere all’altezza di tale compito.
  L'esigenza di un'integrazione scolastica con questa doppia funzione  viene evidenziata sin dagli anni ’70. Infatti, la relazione conclusiva della Commissione Falcucci, nel porre il problema di una nuova struttura scolastica sottolinea un principio fondamentale da cui parte il tema di una visione di integrazione scolastica rivoluzionaria, e cioè che gli alunni con disabilità devono costruire il loro futuro.

  Importante e significativo un passaggio della relazione appena ricordata: “Questa più articolata vita scolastica, promuovendo la maturazione e la socializzazione degli alunni, può prevenire le difficoltà e può affrontarle in misura adeguata ove si siano manifestate”.
 La capacità socializzante della scuola e, quindi, dell'integrazione scolastica, viene chiaramente riconosciuta dall’autorevolezza degli estensori del documento.
  La nuova filosofia dell'integrazione scolastica si realizza con interventi adeguati che devono partire, innanzi tutto, dal più alto livello istituzionale dell’Amministrazione scolastica che ha il compito di stabilire la strategia operativa. Così recita la relazione a questo proposito: “Il Ministero della Pubblica Istruzione, nella sua funzione di programmazione e di definizione della politica scolastica, ha il primario dovere di rendere partecipi, ai vari livelli, gli organi collegiali di governo della scuola della linea operativa che intende perseguire per liquidare ogni possibile forma di emarginazione scolastica e sociale precisando in modo univoco gli indirizzi da sviluppare con riferimento all’articolato sistema di competenze definite dai decreti delegati evitando così i rischi di comportamenti contraddittori e contrastanti obiettivi di integrazione scolastica”.

    Il tema dell'emarginazione superabile con l’integrazione viene ripreso dalla C. M. 22 settembre 1983, n.258: ”L'intesa fra i rappresentanti dell'Amministrazione scolastica degli Enti locali e del servizio sanitario nazionale dovrebbe mirare a perseguire unitariamente in favore di tutti gli alunni e, in particolare, di quelli portatori di handicaps, l'attuazione dei precoci interventi atti a prevenirne il disadattamento e l'emarginazione; e la piena realizzazione del diritto allo studio”.
 
  Sul tema dell’integrazione scolastica non poteva non intervenire la legge 104/92 la quale all’articolo 12 così dispone: “L’integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo della potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione”.
  Il diritto allo studio per gli alunni disabili, di qualunque ordine e grado, è stato sancito, ripetutamente, da norme, da circolari e da provvedimenti amministrativi delle istituzioni competenti.
  Tutto ciò poteva sembrare più che sufficiente, per ritenere scontato il diritto allo studio per gli alunni con disabilità. Ma così non è stato, se ancora oggi, soprattutto, in coincidenza con l’inizio dell’anno scolastico, il tema della integrazione scolastica degli alunni con disabilità ritorna, purtroppo, prepotentemente di attualità. Ma anche nel corso dell’anno scolastico e nella fase organizzativa dell’attività di sostegno, le falle sono sistematicamente presenti e, piuttosto, pesanti. E se ancora oggi si avverte il bisogno di dibattere pubblicamente, nelle sedi più varie, il tema, significa che la sensibilità delle istituzioni e della società, complessivamente, non è ancora sufficientemente adeguata.


  Quindi, il diritto alla integrazione non è sempre automatico. Spesso è motivo di contenzioso, di tensione e, quindi, di forte rivendicazione da parte delle famiglie, per cui viene sollecitato anche l’intervento del giudice.
  Il ricorso alla Magistratura segna, sicuramente, come alcuni sostengono, una sconfitta per le Istituzioni, per le forze sindacali e per la politica, ma certe volte è la strada obbligata per garantire un diritto. È anche un modo per ribadire il riconoscimento di un diritto, quello, appunto, alla integrazione scolastica per gli alunni con disabilità.
  Nemmeno carenze di risorse economiche, rappresentate dalle Amministrazioni tenute a supportare il diritto allo studio degli alunni disabili, hanno modificato l’orientamento della Magistratura.
  Scrive, a questo proposito, la VI sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n. 722 del 19 Gennaio 1990 (concetto ripetuto successivamente in altre sentenze): “…le disposizioni dettate per il contenimento della spesa pubblica non possono condurre al risultato aberrante di rendere inutile o nociva una prestazione garantita dalla legge per la cui efficacia è necessaria l’opera di personale qualificato cui la norma attribuisce l’alto compito di promuovere completamente il progresso intellettuale e culturale di alunni bisognevoli, per le loro condizioni, appunto di un insegnamento specializzato sì che posa ad essi  effettivamente essere garantito il diritto allo studio ed una piena formazione della personalità”.
  Più chiaro di così!
  La Sentenza maxima in tema di integrazione scolastica degli alunni disabili, è la n. 215 del 3 Giugno 1987 della Corte Costituzionale.
  La sentenza oltre ad avere deciso che l’integrazione scolastica va assicurata,  e non agevolata come disponeva sino ad allora la legge, mette in evidenza l’obiettivo della integrazione che non è solo l’apprendimento ma anche la socializzazione.
  Il riconoscimento sottolineato dalle sentenze del giudice ha riguardato, essenzialmente, il diritto a sette benefici: quello della quantità del sostegno, quello del sostegno personalizzato, quello del risarcimento, quello alla continuità didattica, quello alle prove di esame con l’ausilio di supporti e quello del diritto al trasporto gratuito per gli alunni disabili delle scuole secondarie.
  La Magistratura, quindi, è intervenuta non per riconoscere agli alunni con disabilità, in maniera generica, il diritto allo studio, ma un diritto specifico, personalizzato a seconda del tipo di esigenza rappresentata, per cui le stesse hanno riguardato:
a)          il diritto allo studio per gli alunni disabili ribadito attraverso il
           riconoscimento di un sostegno congruo;
b)          il diritto allo studio per gli alunni disabili ribadito attraverso il
        riconoscimento di un sostegno personalizzato;
c)          il diritto allo studio per gli alunni disabili ribadito attraverso il
           risarcimento per carenza di sostegno quantitativo e/o  
           personalizzato;
d)          il diritto al risarcimento del danno esistenziale;
e)          il diritto alla continuità didattica;
f)           il diritto alle prove di esame con l’ausilio di supporti.
g)          Il diritto al trasporto gratuito per gli alunni disabili delle scuole
        secondarie

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