C’è uno Stato da combattere e ci facciamo la guerra tra di noi
La mafia, lo ripeto ancora una volta – diceva Falcone - non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione.
Nessun SUPERMAN può Salvarci
C’è uno Stato di cose e uno stato di fatto, c’è uno Stato di Pensiero, uno Stato di Ricchezza, uno Stato di Abitudini, uno Stato di Dogmi, uno Stato di Ladri, uno Stato di Mafia, c’è uno Stato informativo (quello sì GHOTA), c’è uno Stato di Finanza, uno Stato di Accordi tra Stati, convenienze. C’è uno Stato di Stadi, di spettacolo. Sembra ci siano tanti Stati ma è solo uno lo Stato - lo Stato di Coma? - che ha relegato l’uomo nella gabbia della solitudine, l’ha fatto scivolare lentamente passo dopo passo o bisogno dopo bisogno, Così è (se vi pare)nell’isolamento dell’interesse personale, nell’isolamento delle bestie che devono tentar di sopravvivere e che per farlo possono scambiarsi gomitate sul setto nasale. C’è Belmonte, ci sono tanti altri comuni, c’è una nazione e posti lontani che alla romana “se devono sveglià”. Alla “romana” anche perché a ciascuno compete il proprio, che può anche voler dire “esserci” … semplicemente, gioiosamente vivere nei rapporti di comunità, nello scambio delle idee e nel soddisfacimento reciproco delle necessità. E’ il paradiso ? Perché ci dispiacerebbe?!
Troppe masturbazioni mentali in questo secolo, troppe esigenze e troppe aspettative, l’illusionismo mediatico, democratico, industriale e la sua “macchina del bisogno” ha reso la diversità una prerogativa utilitaristica, materialistica, dove soprattutto lo strumento monetario ha fatto da spartiacque. In un mondo finito anche se in continua rigenerazione la “proprietà privata” anche quella intellettuale e scientifica ha tolto ai molti la possibilità di vivere e ne ha sopito le capacità di reazione.
Occorre aprirsi all’ALTRO, speronare quel portone che ci separa dall’insieme delle persone che ci circondano, “la salvezza sta nelle diversità” ricorda Paul Hawken e se vogliamo nel tendere al divino.
Politici, cittadini, professionisti, studenti, mamme, operai, dipendenti pubblici ognuno ha giocato un suo ruolo e se vogliamo visti gli effetti l’ha giocato male, non ha compreso la natura dell’avversario. C’è un avversario al quieto vivere, può essere l’arroganza, il profitto, il pregiudizio. E’ se qualcuno è ricco , se qualcuno può puntare il dito verso l’altro sentendosi così libero da colpe e ricco di autostima rimane e rimarrà comunque attorno a noi un mondo di merda e non c’è bisogno che lo descrivo, questo con le sue eccezioni e singolarità rimane un mondo di merda che non stiamo opportunamente contrastando, ripulendo.
Questo STATO è uno STATO di MAFIA e nelle parole di Falcone “non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano”. C’è un’operazione chirurgica dietro, un’operazione social-persuasiva, c’è una volontà di taluni che si tramuta in azioni spesso riscontrabili affinché le cose vadano in un certo modo grazie a “implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate” e noi indistintamente nei nostri piedistalli facciamo da veicolo “in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società.”
La Mafia che porta le guerre tra poveri instaurando “leggi marziali” che occludono le possibilità di crescita, di proliferare in maniera sana e ponderata. La legge marziale della sopravvivenza, del più forte, del “io ne so di più di te”, del “rientra nei ranghi”, allineati o sei pazzo e le etichette potrebbero non avere fine ormai.
Le leggi marziali nell’imposizione di materie prime, metodi curativi, servizi e tecnologie ma chi rende tali queste imposizioni siamo noi che scegliamo: non considerandole di accettarle, non lottando di subirle.
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