«Ricordate che a Misilmeri c'e gente che per lui è capace di ammazzare»

Questo il testo di un biglietto che il PM Maurizio Agnello si è trovato sul banco dell'aula di tibunale il giorno in cui avrebbe dovuto dare il via al processo al deputato regionale Gaspare Vitrano, accusato di concussione.

«Vi siete fatti pubblicità - si legge - sulle spalle di un uomo la cui unica colpa è di avere sempre avere aiutato tutti. Ricordate oggi e sempre che a Misilmeri (paese d'origine del politico, ndr) c'e gente che per l'onorevole Gaspare Vitrano si farebbe ammazzare, che per Gaspare Vitrano è capace di ammazzare».

da Repubblica.it

IL COMMENTO DI VITRANO - «È un episodio spiacevole, evidentemente c'è qualcuno che ha tutto l'interesse a turbare la serenità del processo e vuole depistare. Tutto questo ci danneggia». «Questo episodio mi danneggia e mi mette in cattiva luce. Non penso proprio che ci sia qualcuno a Misilmeri pronto a uccidere per me», continua il deputato, «penso che ci sia qualcuno che lavora per turbare la serenità del processo. Di sicuro chi ha fatto questo è un mio nemico, tra l'altro con connotazione di stampo mafioso». «Faremo un esposto», ha detto il legale di Vitrano, Vincenzo Lo Re, «per sapere chi ha aperto l'aula questa mattina, chi ha fatto le pulizie, se era attivo il servizio di videoregistrazione, chi ha le chiavi dell'aula. Vogliamo andare fino in fondo perchè questo fatto ci danneggia molto».

ASSEGNATA TUTELA AD AGNELLO - Intanto dopo la lettera intimidatoria è stata assegnata la tutela al pm Maurizio Agnello. Il magistrato non è nuovo a simili minacce: nei mesi scorsi gli era stata recapitata una missiva anonima con le targhe delle auto dei familiari. Ad Agnello sono state date l'auto blindata e un carabiniere di vigilanza. La lettera conteneva intimidazioni al magistrato e all'ingegnere Piergiorgio Ingrassia che oggi ha deposto al processo per corruzione.

MAZZETTE SUL FOTOVOLTAICO - Vitrano è accusato di avere intascato mazzette per le concessioni legate agli impianti di energia alternativa. Il deputato fu arrestato in flagranza l’11 marzo scorso per concussione. A incastrarlo è stato Gianni Correro, l’imprenditore del fotovoltaico che aveva denunciato la richiesta di tangente. In accordo con la squadra mobile si presentò all'appuntamento con una mazzetta di diecimila euro di banconote fotocopiate in precedenza e una microspia. Le ultime fasi di quel pomeriggio sono state ricostruite in aula, davanti alla terza sezione del Tribunale di Palermo, dall’imprenditore che ha deciso di denunciare con Vitrano anche Piergiorgio Ingrassia, il mediatore della tangente e direttore dei lavori in due cantieri a Roccamena (Palermo) e Francofonte (Siracusa) che ha patteggiato due anni.

RIMESSO IN LIBERTA' - Vitrano è stato rimesso in libertà in primavera ed era sottoposto da circa 6 mesi al divieto di dimora in Sicilia. La terza sezione del Tribunale di Palermo, che lo sta giudicando, gli ha concesso il rientro nell’isola, limitando il divieto di dimora alla sola città di Palermo, in cui hanno sede gli uffici regionali e dell’Assemblea regionale, il Parlamento siciliano.

LE MINACCE - «Noi siamo il potere e senza l'intervento politico andrai incontro a un fallimento». Questa frase degli onorevoli Gaspare Vitrano e Mario Bonomo avrebbe convinto l'ingegnere Piergiorgio Ingrassia, titolare della società di impianti fotovoltaici Enerplus, a scendere a patti con i politici. A raccontarlo, davanti alla terza sezione del Tribunale che processa Vitrano per concussione, è stato lo stesso Ingrassia che ha iniziato a collaborare dopo essere stato arrestato assieme al deputato mentre prendevano una mazzetta da un imprenditore. «Alla fine del 2008 - ha detto il teste - conobbi Vitrano. Si interessò alla mia attività nell'ambito del fotovoltaico e mi fece incontrare Mario Bonomo. Mi dissero chiaramente che senza l'appoggio politico non avrei potuto portare a termine i miei progetti». A quel punto scattò la proposta. «Mi dissero che i lavori - ha proseguito Ingrassia - dovevano essere affidati a ditte di loro fiducia. Accettai perchè avevo paura a rifiutare l'accordo». Il secondo passo fu la costituzione di alcune società di cui Ingrassia aveva il 20%, il restante 80% era di parenti o persone riconducibili a Vitrano e Bonomo. Ma Ingrassia ha raccontato anche di aver dovuto dare ai deputati delle tangenti: «Lo chiamavano "costo politico" - ha detto - Vollero dei soldi quando vendetti la Enerplus per 2,3 milioni di euro». I soldi confluivano in un conto in Svizzera, così come volevano i politici.

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