«Città finita senza di noi ma voglio fare più soldi»
L'ordinanza e le intercettazioni. L’imprenditore fomenta la rivolta per ricattare il Comune «Blocca gli stipendi dei lavoratori, così s’innervosiscono»
VENEZIA — «Loro devono comprare tutti i miei camion. Senza i miei camion la città è finita, ma io voglio prendere più soldi». Il tono entusiasta di Stefano Gavioli intercettato dalla Guardia di Finanza è di quelli che si riservano per le grandi opportunità: le rivolte dell’autunno del 2010 hanno messo Napoli in ginocchio e il Comune guidato da Rosa Russo Iervolino deve fronteggiare circa seicento tonnellate di spazzatura sparsa per le piazze del centro senza un numero adeguato di camion portarifiuti.
La truffa dei camion «Sai che hanno bruciato tanti camion a Napoli...», continua Gavioli parlando con l’imprenditore tedesco Adolf Lutz contattato per firmare un falso contratto di acquisto dei camion di Enerambiente per far schizzare ancora più in alto il prezzo dei mezzi. «Fire, fuoco. Capisci? - aggiunge il veneziano - è un affare per tutti». Così grosso che a Gavioli non bastano le rivolte di piazza e il finto contratto di compravendita per vecchi mezzi spacciati come nuovi («Facciamo questa commedia, ho bisogno di dire che tu hai comprato i miei camion per vendere più caro, capisci?»), ma spinge per alimentare la rabbia dei lavoratori delle cooperative e aumentare così la tensione che attraversa la città partenopea. «Il modo migliore è quello di non pagare gli stipendi in tutti i cantieri così gli operai si innervosiscono», dice Gavioli a Pina Totaro, la socia napoletana della Enerambiente che per alimentare la tensione arriva a fornire false informazioni ai giornalisti del Tg5 che in un servizio televisivo fomentano la rabbia delle cooperative contro il Comune di Napoli.
Le manipolazioni della rivolta «Il Tg5 darà la notizia che Enerambiente avanza dieci milioni di euro dal Comune di Napoli e per questo motivo non possiamo pagare gli stipendi», spiega Totaro a Gavioli («Brava Pina hai fatto bene») che ha preso contatto anche con i sindacalisti per avvertirli che «Gavioli non c’ha più nulla da anticipà, grazie alla gestione di merda che è stata fatta dal vecchio amministratore che ha fatto perdere la fiducia delle banche» e per sottolineare che «l’unica soluzione è che i sindacati e i lavoratori protestino contro il Comune di Napoli». È subito dopo aver sentito Gavioli che Totaro chiama Enrico Prandin (che aveva il compito di vigilare sul bilancio di Enerambiente) per dirgli di bloccare tutti i bonifici in uscita («Abbiamo da fà la sceneggiata») fino al momento dello scoppio della rivolta.
Il coinvolgimento dei sindacati «Ascolta Stefano, mi sono incontrata con la Uil e la Fiadel che mi prepareranno un comunicato congiunto. Come d’accordo sto portando avanti l’iniziativa di Tonetto», continua Totaro sempre parlando al telefono con Gavioli che la interrompe: «Chiamalo prima Tonetto perché finché non lo chiami lui non da ordine di pagare gli stipendi. Lo facciamo anche per il sindacato così dopo ci stanno più vicini per le prossime scadenze». L’idea infatti è quella di far sbloccare i pagamenti solamente alla fine della rivolta contro il Comune di Napoli perché sembri una vittoria delle sigle sindacali che hanno giocato un ruolo importante anche prima dello svuotamento della società di Gavioli. I sindacati infatti hanno lavorato di concerto con i soci di Gavioli per alimentare le tensioni.
Il reclutamento e i ricatti Secondo la magistratura napoletana Vittorio D’Albero, segretario della Fidel della Campania, garantiva il rapporto tra la società di Gavioli, i lavoratori e gli enti pubblici in cambio di denaro. Il sindacalista infatti recluta la manodopera per le cooperative che lavorano in subappalto per la Enerambiente e partecipa a diverse riunioni con i soci di Gavioli che incontra anche a Venezia. All’indomani delle prime perquisizioni nella sede di Enerambiente però Gavioli e Totaro decidono di scaricare tutte le responsabilità sull’amministratore unico della società, l’avvocato brindisino Giovanni Faggiano, e qualcosa si rompe anche nel rapporto con il sindacalista napoletano. «Così ha rovinato l’equilibrio che avevamo creato tutti insieme», dice D’Albero a Faggiano di ritorno da un viaggio a Venezia.
I conti correnti I conti correnti del sindacalista e di sua figlia sono serviti anche per far transitare i soldi della Enerambiente come si evince da una telefonata tra D’Albero e sua figlia che si vede rifiutare un mutuo dalla banca per acquistare una casa. «Papà ma tu ’sti cosi quando te li riprendi? Qui non capiscono perché voglio fare un mutuo quando ho tutti ’sti soldi in banca». «Lascia perdere il mutuo prendi 50, 100 mila, quello che ti serve poi più avanti me li ridai», conclude D’Albero.
Le banche Il rapporto con le banche non si ferma ai depositi in conti correnti di prestanome. Grazie all’appoggio di Alessandro Arzenton, Manuela Furlan e Mario Zavagno Enerambiente ha ottenuto prestiti senza garanzia per 15 milioni di euro tanto che Gavioli telefona direttamente al presidente della Banca del Veneziano- Bcc Amedeo Piva per spiegare i motivi per cui è in ritardo con i pagamenti e giustificarsi. «Mi sono emersi dei movimenti contabili che fanno rabbrividire, ma pagherò al più presto», spiega Gavioli ormai in tensione per le ispezioni di Bankitalia alla Bcc dopo l’emersione di un aumento delle sofferenze che hanno portato alla rimozione dall’incarico dei funzionari infedeli
Alessio Antonini
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