DALLA POLITICA AI CITTADINI...PASSANDO PER IL VANGELO.
di Gianni Profeta
Parlare oggi di politica, non è certamente una cosa propriamente popolare; e questo perchè la nobile Aristotelica arte di amministrare la "polis" per il conseguimento del bene comune, è diventata l'arte della menzogna e del malaffare. E non si tratta ne di volere essere disfattisti, ne di volere come si suol dire fare di tutta l'erba un fascio; ma semplicemente di prendere atto di una realtà che è ormai sotto gli occhi di tutti, e che forse per la prima volta i politici stessi al di la delle dichiarazioni di facciata, reputano non più occultabile. Basta sentire gli appelli del capo dello stato e in parte anche della chiesa ad un ricambio generazionale della classe politica attuale, al fine di interrompere questa escalation negativa soprattutto nei giovani ma più in generale in tutti i cittadini nei confronti della stessa, con evidenti gravi rischi per la democrazia del nostro paese. Che il clima non è dei più favorevoli verso chi ha governato o fatto finta di aver governato il nostro paese, (opposizioni comprese) lo dimostra il fatto che da un pò di tempo, e precisamente da che hanno messo al governo il presidente Mario Monti con tutta la sua nuova squadra di ministri, (che si stanno incaricando di completare la distruzione socio economica del sistema Italia,) la maggior parte dei politici diciamo di ruolo, sembra essere scomparsa improvvisamente dalla scena pubblica o forse sarebbe meglio dire mondana. I vari salotti televisivi e perfino i talk show domenicali si sono trovati a dover fare a meno della loro sempre più impopolare presenza. Alla base di questo degrado della politica, di questo suo ormai irreversibile (rimanendo le cose come sono) declino, c'è un motivo se così possiamo dire ontologico, e precisamente la mancanza da parte dei soggetti attori, di idee e di progetti, che abbiano un minimo di spessore politico. Ciò che aveva caratterizzato la politica degli anni sessanta e settanta, è stata la visione di ideali forti, di idee portate avanti con la passione, di volere concretizzare ciò in cui si credeva, ognuno per la propria storia e per il proprio modo di interpretare il modello di società in cui volere e potere vivere; proprio ciò che manca ai giovani di adesso, e non per loro miopia politica o sociale, ma perchè l'eredità che essi hanno non raccolto (In Italia purtroppo il politico cessa di fare il politico quando il buon Dio lo chiama a se, di solito molto tardi) ma appreso da chi ancora li precede, non è la stessa di quella che avevano raccolto i ragazzi degli anni sessanta e settanta che era quella dell'Azione Cattolica, delle ACLI, della vecchia DC, ma è quella di tangentopoli di mani pulite delle connivenze tra mafia e politica, di un parlamento in cui chi conta veramente qualcosa ha seri problemi con la giustizia. Se i giovani non credono più negli ideali, un tempo fondamento della politica, forse è proprio perchè questi ideali la politica non li rappresenta più. Oggi, l'arco costituzionale più che da partiti con ideali diversi, sembra costituito da bande rivali, che un'idea e uno scopo in comune ce l' hanno, il mantenimento del potere o in alternativa la salvaguardia della poltrona, e tutto al fine di fare gli interessi loro e dei loro amici. Non ritengo opportuno farne una questione di schieramenti, per almeno due motivi, primo perchè i concetti di "destra" "sinistra" e "centro" vista la mancanza totale di idee e di progetti, non ha più alcun senso e secondo perchè penso che ormai è il sistema politico nel suo insieme che è corrotto; al più se ne potrebbe fare una questione di percentuali ma nessuno ci dice che chi non è al momento indagato non lo sarà domani, basta seguire le recentissime vicende delle tangenti lombarde che vedono coinvolte Lega, PD e Margherita. Si lamente da parte di alcuni una eccessiva attenzione della magistratura nei confronti della politica, ma ciò in un paese normale con dei politici normali dovrebbe rappresentare una garanzia per i cittadini, non una minaccia per i politici. Del resto il metro per misurare in maniera netta la condizione di degrado politico sociale in cui gli italiani, complici essi stessi, vivono, è la considerazione di cui l'Italia gode presso gli altri stati della comunità internazionale, che non è molto diversa da quella di paesi quali la Grecia. Per poterlo sperimentare basta fare qualche viaggio all'estero e sentire cosa i cittadini "normali" pensano dell'Italia e degli italiani. Naturalmente i giornali di casa nostra, queste cose insieme a tante altre, si guardano bene dall'evidenziarle, e infatti il nostro paese si piazza al quarantesimo posto, superato da paesi latinoamericani come Ecuador, Uruguay, Paraguay, Cile ed El Salvador, oltre che da Stati africani come Benin, Sudafrica e Namibia, per qualità e completezza di informazione e più in generale per la libertà di stampa. Ciò detto, resta da considerare che della politica non si può comunque fare a meno, si può e si deve pretendere una buona politica, si dovranno porre alla politica domande nuove formulate da un concetto nuovo di essere cittadini, ma non si potrà prescindere da essa, anche quando, mai come in questo momento, verrebbe da starne lontani, con la tentazione primaria di non esprimere neanche la preferenza alle consultazioni elettorali.Quindi la politica è una cosa che sta dentro la vita di ognuno di noi, senza la politica non ci può essere lo stato, senza lo stato non ci possono essere le città. Avere delle città imperfette perchè politicamente mal amministrate, è comunque meglio di non averne affatto; avere uno stato mal governato da una politica o meglio da degli uomini inadeguati è meglio di non avere uno stato, perché è lo stato che rende possibile la vita associata. Ciò che rende possibile l'esistenza e la funzione anche imperfetta di tutte queste realtà si chiama politica. Ed il compito di essa è quello di cercare di governarle, nell'interesse di tutti. La politica è perciò indispensabile alla vita dei cittadini, essa costituisce l'anima stessa della comune convivenza. Visto che comunque anche se imperfetta siamo costretti a tenercela dovremmo almeno cercare di renderla più funzionale e utile all'uomo di quanto non sia dannosa, allora la domanda è: è la politica che è marcia e che reca in sè il germe della corruzione, o non sono piuttosto gli uomini che per asservirla ai loro più o meno meschini tornaconti la rendono tale? E ancora ci può essere un modo alternativo di fare politica che possa consentire alla politica stessa di ritornare ad essere la nobile arte dell'amministrare il bene comune?
Senza volere ricadere in storici e dannosi sbagli di passate ideologie, con la loro pretesa di voler praticare le leggi di Dio lasciando fuori Dio, non mi sembra improponibile richiamare alcuni principi evangelici a prescindere dall'aspetto teologico.
Lo so che la politica in Italia è e deve rimanere laica, e infatti nessuno si sogna di suggerire al sindaco di celebrare messa al posto di presiedere il consiglio comunale; ma i principi che concorrono al bene comune, quello vero, sono di per sè laici visto che garantiscono l'interesse di tutti, e non può essere la provenienza a costituirne la discriminante, senza contare che chi fa politica non manca di richiamarsi ad essi, almeno a parole. Pertanto principi evangelici, come "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro" possono diventare la regola d'oro non soltanto in ambito teologico (del resto neanche nelle intenzioni di Gesù i suoi insegnamenti volevano essere teologici) ma nella pratica. Una regola che nella sua semplicità rischia di apparire persino banale, ma che se attuata costituisce il principio universalmente condiviso dell'idea di giustizia. A sostegno del principio di universalità di questa regola, basti soltanto pensare che in quasi tutte le più importanti religioni del mondo essa ricorre con parole più o meno simili.
Quindi amministrare la cosiddetta "cosa pubblica", piuttosto che "promulgare leggi", o "determinare un proprio compenso" (per chi il compenso se lo deve determinare da sè) diventa se sottoposto al principio di questa regola qualcosa che non può prescindere dalla "giustizia da rendere agli altri."
Alla luce di questa regola, la cosa pubblica cessa di essere la cosa di nessuno, e se nè comincia ad avere cura come se fosse una cosa propria anzi di più in quanto bisognerà curare anche l'interesse non nostro ma a noi affidato.
Il promulgamento di leggi, non potrà prescindere dall'interesse della collettività, pertanto non si potranno porre in essere leggi che consentono ad alcuni l'impunità ad altri l'arricchimento, e ai più l'onere di sopportarne le ingiustizie e i costi.
La determinazione dei compensi di chi ha incarichi di governo o comunque dirigenziali tali da mettere esso stesso nella condizione di autodeterminarseli, dovrà essere correlata ad una valutazione oggettiva, di quelle che sono le prestazioni rese e del contesto economico in cui il resto della nazione vive.
Ovviamente ci rendiamo conto che passare dalla pratica del malaffare all'esercizio delle regole evangeliche non è di facile attuazione ne di breve periodo, e comunque non è cosa che si può avere la pretesa di chiedere a chi il "potere" lo detiene, ed è stato abituato a concepirlo appunto non solo in quanto potere che già sarebbe sbagliato, ma di più, in quanto potere personale. Va perciò da se che questo tipo di cambiamento non potrà che essere affidato ai giovani, ai quali non potrà essere concesso di estranearsi dalla partecipazione alla politica con la scusa peraltro giustificata della sfiducia in un sistema da cui occorre togliere le ormai insostenibili aberrazioni, ma del quale nessuno, neanche loro possono fare a meno. Se di fronte alla crisi della politica, le giovani generazioni assumono un atteggiamento di indifferenza, di critica, di scetticismo a volte persino di disprezzo, e questo dovesse diventare un alibi per tirarsi comodamente fuori da responsabilità, che quando ci si trova a doversi misurare con le esigenze della collettività verso cui le politiche anche le più virtuose risultano spesso inadeguate; può risultare particolarmente onerosa, allora il risultato sarà che la politica sarà fatta sempre allo stesso modo e dalle stesse persone, e noi ci ritroveremo sempre dalla parte di chi subisce e si limita a criticare, peraltro con sempre minore credibilità. Ne consegue perciò che nessuno può più permettersi di stare alla finestra aspettando che altri gli servano una società più giusta su un piatto d'argento, ma sarà d'obbligo soprattutto per i giovani per dirla con le parole di un noto politico del recentissimo (speriamo) passato "scendere in campo." Il compito loro richiesto sarà dunque, quello di ricondurre la politica alla funzione per la quale essa è nata, e cioè quella del servizio alla "polis" in prospettiva del conseguimento del "bene comune." Rimane da constatare il fatto, che il nostro sistema politico così come è concepito, non agevola l'ingresso in politica di giovani che vogliano rimanere indipendenti rispetto alle gerarchie partitiche che già lo compongono, anzi ne è fortemente ostacolante. Pertanto la selezione di ingresso in politica, avviene per il giovane conformemente ai modelli di politica e di politici preesistenti. Da qui la difficoltà di un cambio generazionale che sia radicale e non costituisca la continuazione dei modelli precedenti. La soluzione potrebbe essere quella di una riforma che dia un limite temporale ragionevolmente ristretto ai mandati politici di qualsiasi ruolo e natura, mandato da esaurirsi in maniera completa e totale nello spazio di una o al massimo due legislature; al termine delle quali il politico dovrà ritornare ad essere un normale cittadino e dedicarsi al suo precedente lavoro, senza avere più la possibilità di intervenire in maniera significativa nelle determinazioni politiche seguenti se non con il suo voto. Ma anche qui il problema è sempre lo stesso, è mai possibile che il tacchino anticipi il natale?
Da cosa si può partire allora per costruire un modo alternativo possibile di fare politica senza entrare almeno in prima battuta a farne parte e quindi subire i suoi condizionamenti? Abbiamo visto come i giovani si trovino da una parte a non potere sottrarsi alla responsabilità di abbracciare nel loro stesso interesse gli aspetti politici che la società gli pone, e dall'altra l'impossibilità di accostarsi alla politica in maniera nuova, perchè condizionati dal vecchio sistema che non solo non è disposto a lasciare il campo, ma che ne vuole determinare anche il prosieguo in continuità con i modelli e con gli interessi da lei rappresentati. Un modo alternativo di potere intervenire, o almeno cercare di farlo nella vita pubblica della comunità senza essere organici al sistema politico locale, possiamo vederlo oggi in concreto, oserei dire anche, "sorprendentemente," nella comunità di Belmonte Mezzagno, dove un gruppo di giovani, hanno prima dato vita a un gruppo su facebook, denominato "e-democracy", in cui c'era già un abbozzo dell'idea di un nuovo modo di essere cittadini, e successivamente rinominato il gruppo come "Cittadini in Movimento" si è delineata più palesemente l'idea di un nuovo modello di "cittadino" basato sull'impegno sociale al servizio della comunità, che intende avvalersi dei servizi della politica, costringendo la stessa ad adoperarsi per il mandato che gli è proprio, e cioè quello dell'interesse della collettività. Propongo di seguito la parte iniziale di uno scritto postato su FB in data 17 marzo 2012 da Marco La Diega e Vincenzo Salerno, suppongo a nome di tutto il gruppo, che ci può dare l'idea di quanto questo gruppo si propone.
Ormai sono più di 8 mesi che come “cittadini in movimento” ci sforziamo per applicare a Belmonte Mezzagno un nuovo sistema sociale basato sui principi della “Cittadinanza attiva”. Questo tipo di esperienza è per sua natura svincolata dai partiti politici e quindi i suoi componenti non ne fanno parte per statuto e non partecipano alle elezioni comunali.
Noi siamo, infatti, la realizzazione concreta dell’art. 118 della costituzione Italiana che obbliga i Comuni, province e istituzioni in genere a FAVORIRE l’iniziativa dal basso verso l’aggregazione di organismi intermedi, così recita “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.
Il cittadino attivo è quel tipo cittadino che pensa di far qualcosa per il bene comune. Lui pensa che risolvendo il suo problema può anche dare un contributo alla collettività. Non si tratta di fare gli eroi, significa sentirsi responsabili in prima persona, essere quel mattone che insieme ad altri può favorire la costruzione di un edificio a vantaggio di tutti. (F.to M. LA Diega e V. Salerno)
Tenendo sempre presente il famoso detto che tra il dire e il fare...c'è di mezzo il mare, (e il mare in cui siamo oggi immersi noi Belmontesi, non è fatto di acqua salmastra) mi sembra comunque un buon lodevole inizio. Sicuramente l'impegno che si prefiggono di portare avanti questi ragazzi non sarà ne facile ne esente da delusioni, un po per diffidenza, un po per il "fastidio" che potrebbero causare a qualcuno, il loro cammino non sarà sicuramente costellato di rose e fiori: Si potrebbero addirittura trovare paradossalmente, ad avere contro parte della stessa comunità che vivendo gli stessi disagi che loro denunciano, dovrebbe esseregli di sostegno. Pertanto l'invito a tutti i cittadini, e a volere essere temerari agli stessi politici che in questo periodo sono impegnati nella campagna elettorale locale, per il rinnovo del consiglio comunale, indipendentemente, dai colori politici in cui per loro convinzione si riconoscono, è quello di dare forza concretamente a questo tipo di iniziative evidentemente non con un consenso espresso da voti visto che nessuno del gruppo è coinvolto attivamente e personalmente nella campagna elettorale, ma con un consenso espresso da una vicinanza partecipativa e numericamente significativa alle iniziative che il gruppo vorrà portare avanti nell'interesse di tutti i cittadini. Mossi in ciò dalla convinzione che il bene comune, non può essere espresso "dalla parte", ma "dalle parti" e le parti, cioè la totalità della cittadinanza è ciò che il gruppo (con il suo volersi interessare dei problemi collettivi) si propone di rappresentare. A sua volta, dovere di questo gruppo, dovrebbe essere l'informazione più incisiva e dettagliata possibile attraverso le iniziative che riterrà più idonee, al fine di rendere i cittadini partecipi e fattivamente coinvolti, oltre alla capacità di aggregare intorno a questo progetto (finalmente un progetto), un quanto più possibile alto numero di cittadini, perchè checchè se ne pensi, quando si vogliono portare avanti determinate iniziative, nessuno si può permettere di fare a meno del consenso. Se c'è qualcosa che posso dire o meglio suggerire a questo gruppo, anche se ritengo che loro operano e si muovono già in questa convinzione, è di fare tutto quanto faranno senza perdere mai di vista la "regola d'oro"
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro"
Gesù di Nazareth Matteo 7,12 Luca 6,31
Di seguito alcune delle religioni in cui questa regola è presente:
Ebraismo Shabbat 31a
Didachè 1,3
Buddismo Udana Varga 5,18
Confucio 15,23
Induismo Mahabarata 13,148,8
Giainismo Sutrakri Tanga 11,33
Zoroastrismo Didistan-Dinik 94,5
Bibbia Ebraica Tobia 4,15
E tutti quanti in queste parole si riconoscono.
Gianni Profeta
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