Sulla democrazia diretta

Tratto da Homo Videns di G. Sartori.
Democrazia vuol dire, alla lettera, ''potere del popolo'', sovranità-comando del demos. E nessuno contesta che questo sia il principio di legittimità che istituisce la democrazia. Il problema è sempre stato di come e di quanto trasferire questo potere dalla base al vertice del sistema potestativo.
Una cosa è la titolarità, e tutt'altra cosa è l'esercizio del potere. Il popolo sovrano è titolare del potere. In che modo è anche in grado di esercitarlo?
Per rispondere dobbiamo tornare alla pubblica opinione e alla questione di quanto sa.
Sappiamo – lo tocchiamo con mano ogni giorno – che il grosso del pubblico non sa quasi nulla dei problemi pubblici. Ogni volta che si va a vedere, si scopre che la base di informazione del demos è di una povertà allarmante, di una vera povertà che non finisce mai di sorprenderci...
[...] Le nostre democrazie se la sono sempre cavata lo stesso, ma l'edificio che ha retto alla prova è l'edificio della democrazia rappresentativa.
Nella democrazia rappresentativa il demos esercita il suo potere eleggendo chi lo governerà. In tal caso il popolo non decide in proprio le proprie issues – quale sia la soluzione da dare alle questioni da risolvere – ma si limita a scegliere chi le deciderà.
Il problema è che la democrazia rappresentativa non ci soddisfa più, che chiediamo più democrazia, il che vuol dire, in concreto, dosi crescenti di direttismo, di democrazia diretta.

I referendum sono in crescita e sempre più invocati...
Sarà, questa, maggiore democrazia. Ma per esserlo davvero a ogni incremento di demo-potere dovrebbe corrispondere un incremento di demo-sapere. Altrimenti la democrazia diventa un sistema di governo nel quale sono i più incompetenti a decidere. Il che vuol dire un sistema di governo suicida.

A differenza dei progressisti del momento, i progressisti del passato non hanno mai fatto finta di non capire che ogni progresso di democrazia – di autentico potere del popolo – dipendeva da un demos partecipante interessato e informato di politica.
Pertanto, da un secolo a questa parte ci siamo andati chiedendo quale fosse la causa dell'alto grado di disattenzione e di ignoranza del cittadino medio. È la domanda cruciale. Perchè se non c'è diagnosi, non c'è terapia.

[...] Finora ho insistito sulla distinzione tra informazione e competenza conoscitiva. È però una distinzione essenziale. Che io sia informato di astronomia non mi trasforma in astronomo, che io sia informato di come va l'economia non mi rende un economista, e che io sia informato di fisica non mi rende un fisico.
Analogamente, quando parliamo di persone politicamente educate dobbiamo distinguere tra chi è informato di politica e chi è cognitivamente competente nel risolvere i problemi della politica.
...
Il punto non è, ovviamente, di conoscere esattamente quanti siano gli informati  che seguono gli eventi politici rispetto ai competenti che sanno come risolverli (o che sanno di non saperlo). Il punto è che ogni massimizzazione di demopotere, ogni crescita di direttismo, richiede che gli informati aumentino e che, al tempo stesso, ne aumenti la competenza, il sapere e il capire. Se questa è la direzione di marcia, allora ne risulta un demos potenziato, capace di fare più e meglio di prima. Ma se, invece, questa direzione di marcia si inverte, allora approdiamo a un demos indebolito. Che è esattamente quello che sta accadendo.

Intanto, è tutto l'educare che è andato scadendo e che è stato largamente scassato dal Sessantotto e dalla balorda pedagogia in auge. In secondo luogo, e specificamente, la televisione impoverisce drasticamente l'informazione e la formazione del cittadino. Infine, e soprattutto, il mondo per immagini che ci viene proposto dal video-vedere disattiva la nostra capacità di astrazione e, con essa, la nostra capacità di capire i problemi e di affrontarli razionalmente.

In queste condizioni chi invoca e promuove un demos che si autogoverna è un truffatore davvero senza scrupoli, o un puro irresponsabile, un magnifico incosciente.

Eppure è così, siamo assediati da imbonitori che ci raccomandano nuovi meccanismi di consenso e di intervento diretto dei cittadini nelle decisioni di governo, ma che tacciono come mummie sull'antefatto del discorso, e cioè su quel che i cittadini sanno ovvero non sanno delle questioni sulle quali dovrebbero decidere. Il sospetto che questo sia il problema nemmeno li sfiora. 
I direttisti distribuiscono patenti di guida senza chiedersi se i loro patentati sanno guidare.

Il quadro d'insieme è dunque questo: che mentre la realtà si complica e le complessità aumentano vertiginosamente, le menti si semplicizzano e noi stiamo allevando – ho già detto – un video-bambino che non cresce, un adulto che si configura per tutta la vita come un ritornante bambino. È questo il malpasso, il malissimo passo, nel quale ci stiamo attorcigliando.

Il fatto che l'informazione e l'educazione politica sono in mano della televisione presenta seri problemi per la democrazia. Invece di fruire di una democrazia diretta, il demos è diretto dai manipolatori dei media.
Non è solo questione di malnutrizione informativa, è anche che coloro che selezionano le informazioni diventano i gestori del dominio simbolico delle masse. Basta accrescere o ridurre certe dosi di immagini o di notizie e la risposta risente necessariamente delle tecniche nutritive adottate.

[...] La tecnopoli digitale sarà gestita da una razza padrona di piccolissime èlites, di tecno-cervelli altamente dotati, e che si risolverà – nella previsione di Neil Postman – in una tecnocrazia divenuta totalitaria che plasma tutto e tutti a propria immagine e somiglianza.


A meno che...


relink da http://toniferrara.blogspot.it/2011/07/sulla-democrazia-diretta-tratto-da-homo.html

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