Misilmeri: accuse di mafia per Enzo Ganci candidato "AMO Palermo"

Misilmeri, il Comune nelle mani della mafia

Il presidente del consiglio scelto dal boss


Un altro centro della provincia di Palermo nella bufera per le infiltrazioni di Cosa  nostra. I carabinieri arrestano un esponente politico del Pid, Vincenzo Ganci: è accusato di aver fatto da ambasciatore dei padrini nel palazzo di città. In manette anche due capomafia e un imprenditore. Un terzo boss sfugge al blitz, si sarebbe rifugiato nel nuovo Elodorado dei padrini siciliani, il Sudafrica, dove il reato di associazione mafiosa non viene riconosciuto. E così i boss sono sicuri che l'estradizione non verrà mai concessa

di SALVO PALAZZOLO repubblica.it

L'ultimo ambasciatore di Cosa nostra nei palazzi della politica era un consigliere di circoscrizione del Pid, che sperava di essere eletto consigliere comunale di Palermo alle prossime elezioni del 6 e 7 maggio. Vincenzo Ganci, 46 anni, è stato arrestato questa mattina dai carabinieri del nucleo Investigativo, con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa: le indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia lo accusano di aver consegnato ai boss un intero Comune della provincia di Palermo, quello di Misilmeri. Microspie e telecamere hanno sorpreso Ganci mentre si accorda con il capomafia Francesco Lo Gerfo, per pilotare la campagna elettorale e poi fare eleggere un suo cugino, Giuseppe Cimò, presidente del consiglio comunale di Misilmeri.

Video / Il boss e il suo ambasciatore decidono l'elezione
I carabinieri hanno arrestato anche il boss di Misilmeri, Lo Gerfo; poi un altro presunto capomafia della zona, Stefano Polizzi, e l'imprenditore Mariano Falletta. Un terzo boss, Antonino Messicati Vitale, risulta latitante: sarebbe già da mesi in Sudafrica, meta sicura per i padrini siciliani, perché non riconosce il reato di associazione mafiosa (ne sa qualcosa il tesoriere di Totò Riina, Vito Roberto Palazzolo, che per anni ha vissuto tranquillo a Johannesburg). Questa mattina, i militari del Reparto Operativo di Palermo, guidati dal tenente colonnello Paolo Piccinelli, hanno notificato anche un avviso di garanzia, per concorso esterno in associazione mafiosa: il destinatario è il presidente del consiglio di Misilmeri. È probabile che presto arriveranno gli ispettori prefettizi al Comune, questo chiedono la Procura e i carabinieri: è il primo passo per lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose. Sarebbe la terza volta per Misilmeri, dal 1992. 


Ha scritto il gip Luigi Petrucci nell'ordinanza di custodia cautelare: "Le indagini hanno dimostrato che Lo Gerfo, dopo aver indirizzato i voti della consorteria mafiosa e fatto eleggere nell'amministrazione comunale persone a lui vicine, è riuscito a far sì che le stesse ricoprissero ruoli istituzionali nevralgici, come quelli di presidente (Giuseppe Cimò) e vice presidente (Giampiero Marchese) del consiglio comunale di Misilmeri, creando dunque i giusti presupposti per controllare e indirizzare le scelte della pubblica amministrazione in favore degli interessi propri e dell'associazione da lui capeggiata".

Negli anni Novanta, Ganci era stato consigliere comunale a Misilmeri. Poi, la sua carriera era proseguita a Palermo, alla circoscrizione Oreto: in queste settimane, è impegnato nella lista "Amo Palermo", che sostiene la candidatura di Marianna Caronia a sindaco del capoluogo siciliano.

Intanto, continuava a incontrare i boss di Misilmeri. Questo dicono le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Ignazio De Francisci e dai sostituti Nino Di Matteo, Geri Ferrara, Marzia Sabella e Lia Sava. Dal municipio i boss gestivano appalti, soprattutto per la raccolta dei rifiuti. E poi puntavano a modificare il piano regolatore, per far cambiare destinazione d'uso ad alcuni terreni che avrebbero potuto ospitare la nuova sede di Ikea a Palermo. 

Il boss Lo Gerfo invocava prudenza al suo ambasciatore in politica: "Evitiamo un po' di telefonate", gli diceva. "Attenzione, perché se no lo sciolgono il consiglio comunale... e non mi interessa niente"


NOTA INVIATA DA VALERIO BARRALE

Sottolineata l'inadeguatezza del precedente titolo(PID Misilmeri....") al post dedicato all'articolo di Palozzolo per Repubblica.it Valerio Barrale tiene a precisare quanto segue rispetto ai ruoli di Ganci e Cimò

"Il sig. Ganci è un consigliere di circoscrizione eletto nelle liste del PDL di Palermo nelle elezioni del 2007 che non ha MAI aderito al progetto politico del PID, ne a livello regionale ne tantomeno a livello Misilmerese. Adesso si candida in una lista civica che sostiene il candidato del PID ma che ripeto è una lista civica che si chiama Amo Palermo, come del resto stanno facendo tantissimi esponenti politici palermitani che non hanno MAI aderito al progetto politico del PID (x esempio il consigliere comunale uscente del PDL PALMA ONOFRIO DETTO TOTO’)." 
Su Cimò riportiamo agenzia di stampa del segretario regionale del PID ed un'estratto che racconta la traversata di Cimò pubblicato da Live Sicilia.
MAFIA: MAIRA (PID), CIMO' E GANCI NON SONO DEL PID
Palermo, 17 apr.- (Adnkronos) - "Il presidente del consiglio comunale di Misilmeri (Palermo) Giuseppe Cimo', cosi' come il consigliere di circoscrizione Vincenzo Ganci, non fanno parte del Pid". Lo rende noto il coordinatore regionale delPid in Sicilia, Rudi Maira in relazione alla notizia dell'arresto del consigliere di circoscrizione e candidato al Consiglio comunale di Palermo Vicnenzo Ganci, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e dell'avviso di garanzia a Giuseppe Cino'. Quest'ultimo, secondo Maira sarebbe dell'Udc. Ganci é candidato al Consiglio ocmunale di Palermo nella lista 'Amo Palermo' del candidato sindaco Marianna Caronia del Pid-Cantiere popolare.
__________________________________________________________________________ Live Sicilia
A giugno del 2010 i misilmeresi lo celebravano. Giuseppe Cimò non era solo stato eletto in consiglio comunale: l’esponente centrista, oggi raggiunto da un avviso di garanzia, aveva stracciato la concorrenza, diventando con 424 preferenze il consigliere più votato. Era stato un plebiscito: colui che di lì a poco sarebbe diventato il presidente del consiglio comunale aveva anche superato i consensi raccolti da intere liste, a partire da quella del Pdl, che si era fermata a quota 400. Naturale, dicono oggi a Misilmeri, che l’assemblea cittadina decidesse di affidargli la poltrona più alta del consiglio: così, l’1 luglio, tutti e 17 i consiglieri che parteciparono al voto optarono per lui alla presidenza. L’unanimità. “Non era mai accaduto prima di oggi”, annotò il sito misilmeriblog.it, molto attento alla vita politica cittadina.
L’unità, però, non sarebbe durata. Appena tre mesi dopo le elezioni, il 28 settembre del 2010, l’Udc – la lista nella quale era stato eletto Cimò – si spezzò in due tronconi: da un lato i “cuffariani”, dall’altro i fedelissimi di Pier Ferdinando Casini. Cimò scelse la prima delle due parti: così, a neanche cento giorni dall’elezione alla presidenza del consiglio, Cimò cambiò gruppo, aderendo al Pid. Neanche questa esperienza sarebbe durata: all’inizio di novembre del 2011, infatti, il presidente del consiglio comunale decise di lasciare il partito guidato da Saverio Romano, che fino a tre mesi prima era stato assessore proprio a Misilmeri, per tornare alla casa madre. “Da quel giorno – spiegano dal Pid misilmerese – Cimò passò di fatto all’opposizione. Adesso non c’è nessun legame con lo schieramento del sindaco”. Per un anno, però, era stato in maggioranza. E per un giorno, quell’1 luglio 2010, quella maggioranza è stata del 100%.

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