Comune virtuoso (5): le difficoltà incombono. di Salvatore Migliore



a) Le difficoltà incombono


Non si ribadisce mai abbastanza la esigenza di un Comune virtuoso. Occorre insistere su questo tasto a costo di apparire noioso, o se volete, patetico. E’  opportuno insistere anche in un momento elettorale, in cui la politica e, sicuramente tanti cittadini, (i numerosi candidati, i loro parenti, i loro sostenitori ecc…) ritengono che la preoccupazione principale debba essere quella di conseguire il successo. Ma anche in questo momento, e meglio ancora all’indomani delle elezioni, occorre trovare, da parte di tutti, politica compresa, uno spazio per riflettere su un futuro che riguarda certamente la soluzione di  quei problemi che sono stati richiamati dai programmi elettorali, ma che riguarda anche una condizione di vita del Comune tale da sapere fronteggiare  una serie di impatti che vengono dall’esterno.
  Ancora una volta, quindi, una riflessione sulla necessità del Comune virtuoso che, questa volta, mi è stata sollecitata da un recente dibattito televisivo animato da alcuni grossi analisti di economia, i quali, divisi su tanti argomenti, su una cosa concordavano pienamente. Il futuro, quello immediato non quello lontano, sarà molto, ma molto difficile.
  Ma cosa c’entra questo discorso con la necessità di creare un Comune virtuoso.
  C’entra! C’entra!
  Nelle calamità, nei momenti di grande pericolo, l’uomo avverte una sorta di fragilità e, quindi, un forte bisogno di un rifugio che lo aiuti a fronteggiare il pericolo e a proteggerlo da esso. Noi dobbiamo immaginare una comunità locale esposta, per le ragioni tante volte sottolineate,  ma anche per le previsioni degli analisti, a pericoli eccezionali. Diceva giorni fa un conomista, magari con un pò di esagerazione ma con una certa efficacia: “noi ci troviamo come nel dopo guerra, con la differenza che allora la gente ha mostrato grande capacità a superare quel periodo difficile, oggi, forse perché non siamo riusciti ancora a prendere piena consapevolezza del pericolo che si va delineando, siamo meno capaci e meno preparati di allora ad uscire dal tunnel”. Allora, come prima cosa, tutti dobbiamo prendere coscienza delle difficoltà che stiamo attraversando e di quelle ancora più gravi con le quali, nel prossimo futuro, saremo chiamati a fare i conti.
  Dicevo della necessità di un rifugio, che in una circostanza simile, è fatto di tante cose di ordine materiale e di ordine morale. Ognuno queste cose se le trova con percorsi prettamente personali. Possono essere, ad esempio, la famiglia, una forte tensione morale, la fede e così via. Ma un rifugio può e deve essere il Comune.
  Ma per fare cosa?
Non mi sento di dire cosa e come può agire il Comune. Una cosa, però, sento di dirla come suggerimento ad un Comune che vuole essere virtuoso.
  A livello nazionale, certi Ministeri, quello degli Esteri molto spesso, istituiscono strutture con il compito di seguire eventi particolarmente difficili, pieni di rischio,  ma anche per elaborare e proporre soluzioni. Queste strutture vengono chiamate Unità di crisi.
  Ora un Comune che si voglia dimostrare sensibile, attento alle esigenze dei suoi amministrati dovute anche a ragioni che hanno radici al di fuori del territorio comunale, deve attrezzarsi adeguatamente dal punto di vista culturale, innanzi tutto, ma anche dal punto di vista organizzativo, per diventare un rifugio per i suoi amministrati in difficoltà.
 Così come i cittadini, come si è detto altre volte, non devono fare spallucce per aiutare il Comune a crescere per risolvere al meglio i problemi, allo stesso modo il Comune non può fare spallucce di fronte ai disagi dei suoi amministrati che provengono da altri livelli di responsabilità. Come a dire, non mi compete.
  Un Comune che vuole e deve essere quello che abbiamo auspicato nelle mostre riflessioni, deve farsi carico anche dei problemi prima accennati. Perché non pensare allora in circostanze di emergenza come quella che si comincia a vivere e che si accentuerà sempre di più, alla costituzione di Unità di emergenza, formata da amministratori e da cittadini, per progettare soluzioni che servano ad attenuare il più possibile, dal punto di vista economico e dal punto di vista psicologico, i  disagi della comunità locale? Questa è sicuramente una proposta originale, fuori dalla logica che siamo abituati a vivere. Ognuno faccia il suo compito. Questo non è compito del Comune. Non sono d’accordo. E’ bene che il Comune cambi logica e consideri seriamente la proposta. E’ un modo anche per realizzare un’amministrazione della cosa pubblica partecipata (comune e cittadini), una strategia che spesso abbiamo sollecitato.
  Mi piacerebbe sentire il punto di vista della politica, ma anche dei cittadini, tante volte sollecitato anche con richieste specifiche. Credo sia arrivato il momento di fare esplodere un confronto che serve per fare stare meglio i cittadini anche in presenza di un pericolo che tutti sicuramente avvertiamo ma che ci ostiniamo forse a tenere sotto la sabbia con lo nostra testa.

di Salvatore Migliore

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