Trattativa Stato-Regione, il prof Costa: “La rivoluzione siciliana è cominciata”


di Antonella Sferrazza linksicilia
La trattativa Stato-Regione sull’autonoma finanziaria siciliana, in vista dei decreti attuativi del federalismo fiscale, ha fatto un passo in avanti. Ve lo abbiamo raccontatoin questo articolo, in cui lanciamo l’appello, affinché a portarla avanti sia il professor Massimo Costa, che ha delineato le proposte programmatiche portate a Roma. Questo per evitare che, in caso di interruzione della legislatura regionale, la trattativa possa subire un
arresto per mancanza di interlocutori. Costa è un tecnico, e per questo, fuori dai giochi delle altalene politiche. Potrebbe essere un punto di riferimento fermo.  Intanto, lo abbiamo intervistato: ”Rispetto alle bozze degli uffici e ai “miei” innesti “eversivi” (scherzo) ci sono state solo poche modifiche, tutte molto puntuali e giuridicamente ben fondate” ci dice per cominciare a proposito del documento portato a Roma.  E ancora: “In due mosse abbiamo rigirato a favore della Sicilia la strategia dello Stato”.  Ma andiamo con ordine: prima domanda.
Prof. Costa, l’assessore Armao sbandiera un grande ottimismo per quanto riguarda la trattativa tra Stato e Regione. Lei, quale componente della Commissione tecnica di supporto in questa trattativa cosa ne pensa? È un ottimismo ben fondato?
“In effetti quello che sta avvenendo in queste settimane e mesi, da quando a gennaio lo Stato ha accettato di sedersi (dopo 66 anni) finalmente al tavolo con la Regione per discutere della “Questione Siciliana” sono successe cose importantissime, riportate distrattamente dai media, ma che influiranno moltissimo nel bene e nel male sul futuro nostro e di chi verrà dopo di noi. Ottimista? Vedremo. Abbiamo l’obbligo di esserlo, ma anche di essere estremamente guardinghi, quasi come in una serrata attività diplomatica. L’Assessore, conoscendo come la penso, mi perdonerà se dico che qui non è una semplice trattativa tra Stato e Regione e meno che mai tra le forze politiche che sostengono il Governo Monti e quelle che sostengono il Governo Lombardo. Qui è in corso una trattativa politica tra Italia e Sicilia. Gli strumentalizzatori almeno oggi depongano l’ascia da guerra e siano uniti nella difesa dei diritti di tutti. Domani litighino su come usare gli strumenti di politica che oggi stiamo portando a casa. Speriamo bene in ogni caso”.
Ma cosa è successo realmente? Come vanno le cose?
“Le cose erano partite maluccio. Lo Stato, interessato solo ai saldi di bilancio, si era presentato al tavolo con una lista minima (ma di grande impatto per i conti della Regione) di funzioni da trasferire dallo Stato a noi, mentre per quanto riguarda le entrate ci ha detto chiaramente che – mi si passi la brutalità – lo Statuto può dire quello che vuole ma lo Stato non è intenzionato a scucire quattrini che spostino di un centesimo gli equilibri della finanza statale. All’inizio la Regione è stata a questo gioco. Ha cercato di quantificare le nuove entrate della Regione e di negoziare sulla difensiva le proprie competenze, poi c’è stata una svolta. A proposito, mi lasci dire che all’interno del Commissione di cui faccio parte, quasi tutta interna alla Regione, ho scoperto due cose che il grande pubblico sconosce: per prima cosa una professionalità altissima, per seconda cosa una passione civica per la Sicilia che rasenta il patriottismo. Non fosse stato per loro non saremmo andati da nessuna parte; la volontà politica da sola non basta. La Sicilia di oggi e di domani deve moltissimo a questi “oscuri” funzionari (mi perdonino se uso questo termine) che stanno facendo un lavoro che va al di là dell’ordinaria amministrazione. Non faccio nomi specifici per non far torto a nessuno, ma devo dire che, per una somma di circostanze favorevoli, oggi la Regione ha un team di tutto rispetto su questa materia. Speriamo che questo patrimonio non si disperda”.
Ha detto che c’è stata una svolta? In che senso? 
“Beh, intanto qualcuno all’interno della Commissione a un certo punto ha detto che quell’approccio dello Stato non era legittimo. Bisogna ripartire dalla Costituzione e dallo Statuto, che sono le prime fonti del diritto interno per quanto riguarda la questione. Poi viene la “Ragioneria”. Parola di professore di ragioneria. Ma non è stato tanto questo, che avrebbe significato nient’altro che una levata di scudi, un irrigidimento inutile nei confronti dello Stato, che poi avrebbe detto di no. La vera novità è stata proprio nel cambio di tattica negoziale”.
C’è il suo “zampino” in questo approccio?
Non mi sopravvaluti. C’è il lavoro di tutti, e soprattutto quello dell’Assessore che si è assunto le responsabilità finali. È stato molto attaccato e discusso in questa legislatura, ma ora sta portando avanti questa battaglia, pur con un governo quasi dimissionario nell’esclusivo interesse della Regione. A prescindere da quello che si voglia pensare della sua azione politica, questo gli fa onore. Io mi sono limitato a scrivere il “libro dei sogni”, che la Regione ha pubblicato sul suo sito, tanto per rimettere i puntini sulle “i”. Ho detto, pubblicamente e privatamente, che lo Statuto non si svende per fare chiudere il bilancio 2012, ma ho trovato in questo manforte in una Commissione che lavora all’unisono. Tuttavia, come dicevo prima, questa puntualizzazione e rivalutazione dell’impianto statutario è stata solo il primo passo. La vera svolta – come le dicevo – è stata tattica. Ci porterà bene? Ancora è presto per dirlo”.
In che consiste questo cambiamento di tattica?
In due “mosse” in cui abbiamo rigirato la strategia statale a favore della Sicilia. Primo: lo Stato ci ha detto che qualunque modifica agli equilibri attuali non può pregiudicare la posizione dello Stato. Ebbene, abbiamo detto che siamo pienamente d’accordo, a condizione che questo valga anche per la Regione. Se lo Stato non “vuole” andare in default per colpa nostra, pensi che voglia abbiamo noi di farlo. Lo Stato ha detto che per ogni centesimo in più di entrate che avrà la Regione, ci darà un corrispondente centesimo in meno di trasferimenti o di funzioni statali in più? Va benissimo. Ma allora che l’operazione sia nel breve termine completamente neutrale. La Sicilia la smette di inviare tasse a Roma e Roma la smette, esattamente per lo stesso importo, di inviare soldi o di svolgere funzioni per la Sicilia. Insomma gli abbiamo detto “facciamo da noi”. Con questi fondi gli equilibri nel breve periodo sono garantiti. Nel lungo periodo dipendono solo da noi, da chi manderemo a governare alla Regione. Però avere i cordoni della borsa e le entrate a casa nostra, anziché doverle piatire a Roma è una rivoluzione copernicana. Pensi ai tagli lineari della Gelmini alla scuola siciliana. Ha lasciato un cumulo di macerie. E quelle lo Stato ci passa. Domani, però, nessuno potrà tagliare una sola cattedra in Sicilia, perché saremo noi a decidere quanta e quale scuola pubblica vogliamo. Non mi sembra un risultato da poco. Secondo: qualunque conto facevamo allo Stato ci dicevano che i conti non erano quelli. Presentavamo i dati della Ragioneria generale dello Stato regionalizzati? Non erano buoni se non per “analisi e studio”. Presentavamo i conti pubblici territoriali? Neanche quelli andavano bene. A questo punto abbiamo invertito l’onere della prova. Abbiamo detto allo Stato: va bene, noi a questo punto ti facciamo l’elenco “qualitativo” delle entrate pubbliche che oggi lo Stato introita al posto della Regione e che ci dovrebbero spettare. I “numeri” metteteceli voi, che avete dati migliori dei nostri, e – a questo punto – decidete anche quali funzioni passarci in funzione di quei numeri. In questo modo lo Stato non ha interesse a sottovalutare gli importi delle entrate, perché poi le spese resterebbero a suo carico e a nostro vantaggio. Ci siamo però riservati, quale clausola di garanzia, di verificare la congruità di quanto lo Stato sostiene sia l’ammontare delle nuove entrate. Insomma, c’è l’opportunità che la Sicilia diventi veramente padrona del proprio destino, senza intaccare l’unità politica del Paese. Non mi sembra poco. Mi sembra poca l’attenzione dei Siciliani su questo tema.
C’è qualcos’altro in questa proposta che la Regione ha fatto allo Stato?
Moltissimo altro. Non posso fare altro che invitarvi a leggerla. Ricordo a memoria i tratti più salienti.L’IMU, per la parte erariale, è nostra e, quando ci sarà dato di poterla manovrare, potremo anche abolirla.  Tutte le imposte dirette e indirette maturate (non quelle riscosse) nell’Isola sono di spettanza della Regione. Anche per le accise e per le entrate da giochi e scommesse introitiamo tutto, facendoci carico delle corrispondenti funzioni statali. Addirittura chiediamo un ristorno per il danno ambientale derivato dalle industrie del petrolio. In cambio, però, la Regione si fa carico dei propri enti locali, di tutta la sanità, della scuola, dell’università e, se lo Stato acconsente, regionalizziamo pure l’Agenzia delle Entrate. Avremo il nostro Ministero delle Finanze, come un commonwealth con l’Italia. E se vogliono, tranne la difesa, possono trasferirci tutto ciò che corrisponde alle nuove entrate. Solo abbiamo stoppato la pretesa statale di farci carico delle pensioni di invalidità. Ma lo abbiamo fatto in maniera intelligente. Abbiamo detto: “Volete che ci prendiamo anche quelle? Va bene, ma allora regionalizziamo tutti gli istituti di previdenza e assistenza e devolviamo a questi tutto il patrimonio immobiliare e tutti i contributi previdenziali e assistenziali cumulati nel tempo”. No entrate, no spese. Per questo abbiamo sostanzialmente proposto di stralciare questa parte dagli accordi. I tempi non sono maturi per un “federalismo previdenziale”. Domani chissà. Poi, sulle spese in conto capitale, chiediamo solo il Fondo di Solidarietà Nazionale, ma questo sarà correttamente calcolato. Abbiamo resuscitato un cadavere. Diciamo che quasi quasi è troppo bello per essere vero”.
Dobbiamo attenderci quindi una vera rivoluzione nei rapporti finanziari tra stato e Regione?
Se lo Stato accetterà il nostro punto di vista, vedremo. Su una cosa mi sono permesso di impuntarmi in Commissione: la facoltà della Regione di “deliberare” i propri tributi, cioè di farsi da sola la propria fiscalità di vantaggio. E’ scritta nell’artl 36, perché dovremmo rinunciarvi? All’inizio ho trovato un atteggiamento realista che non lasciava spazio a questa rivendicazione. Ma alla fine anche qui abbiamo studiato un atteggiamento “vendibile” in Italia. Noi diciamo allo Stato: “Per ora noi ci limitiamo a introitare i tributi erariali in Sicilia, ma quando la Regione si sarà fatta carico di tutte le funzioni che prevede lo Statuto, allora potrà manovrare le aliquote, le deduzioni, le esenzioni, insomma potrà deliberare liberamente sui propri tributi”. Oggi affermiamo un principio. Domani, messi a posto i conti, quel principio potrà diventare realtà. Forse però nei tavoli tecnici dovremmo insistere un altro poco perché non resti solo un principio, almeno sulle accise petrolifere. E’ bene che i cittadini tocchino con mano da subito qualcosa di tangibile da questa trattativa. C’è l’Europa, lo sappiamo. Ma l’Europa ha consentito recentemente una fiscalità autonoma alle Azzorre e ad altre regioni semi-sovrane come la Sicilia. Perché questa regola non dovrebbe valere pure per noi? E poi con l’Europa tratteremo, ma perché castrarci subito anche sul piano interno? Insomma, sì, una vera rivoluzione silenziosa. Che avrà anche a breve altre puntate, come quelle sul federalismo demaniale. Intanto portiamo a casa l’attuazione degli articoli 36, 37 e 38, ma dichiariamo sin d’ora allo Stato che questo è solo l’inizio di una Sicilia che vuole responsabilizzarsi e camminare sulle proprie gambe. L’assistenzialismo, se passa quest’accordo, resterà solo sui libri di storia.
E l’Assessore avrebbe sposato questa linea in pieno?
“La lettera della Regione allo Stato l’ha firmata lui. Ed è lui che ha detto che lo Stato ha manifestato aperture e disponibilità a chiudere tutto entro luglio prossimo. Rispetto alle bozze degli uffici e ai “miei” innesti “eversivi” (scherzo) ci sono state solo poche modifiche, tutte molto puntuali e giuridicamente ben fondate. In alcuni punti l’Assessore è stato più prudente di me, in altri addirittura più temerario”.
Dove per esempio?
Ma, io, nella mia ingenuità di studioso, avrei chiaramente indicato nella sola difesa ed esteri le funzioni non delegabili alla Regione, l’Assessore – forse giustamente – è stato più prudente sul punto; ovvero io avrei indicato anche il Canone Rai tra i tributi da regionalizzare, e questo oggi non sarebbe stato compreso. Però sui tributi erariali secondo comma dell’art. 36, che prudentemente consigliavo di chiedere al 50 %, l’Assessore sta chiedendo il 100 % e il “rischio” e che gli dicano pure di sì… Insomma c’è uno spirito positivo, e con i tempi bui che corrono in Italia e in Europa, non è poco.
Quindi dobbiamo sperare da Monti?
“Mah, Monti l’ho conosciuto all’Università; lui era Rettore e io semplice studente e avrei anche qualche aneddoto da raccontare. Ho detto pubblicamente che le politiche che lui (e i suoi) stanno portando avanti sono sostanzialmente errate. Lui stesso, di fronte alla crisi del modello Merkel, sta poco poco aggiustando il tiro. Ma la sua concezione dell’Europa, della società, dell’economia, resta molto distante da quella mia. Però questo che c’entra? In un momento di debolezza dell’Italia, chiunque governi, non possiamo portare a casa un risultato? In fondo è un credito che abbiamo dal 1946, per non dire dal 1860″.
E quindi tutto bene per il futuro, se lo Stato accetta questa posizione?
“Ah, non esageriamo! A parte il fatto che ci sono altre parti dello Statuto che attendono attuazione: la Polizia, la Moneta regionale, l’Alta Corte… Ma poi c’è un problema di fondo. Con questi accordi portiamo a casa una macchina. Con questa macchina possiamo andare in paradiso o all’inferno. Su questo passo ulteriore non voglio alcuna unanimità. Le politiche regionali (cioè di fatto quelle di un piccolo stato) da domani diventerebbero una cosa serissima. Solo una partecipazione diversa dei cittadini siciliani potrà fare la differenza. Sento però che una stagione nuova si stia aprendo per la Sicilia. E soprattutto sono convinto che una strategia pacifica e negoziale sia più efficace di rotture violente che oggi ci vedrebbero sicuramente perdenti. Abbiamo delle pagine bianche su cui scrivere la nuova storia della Sicilia. Ora dipende da noi”.

Trattativa Stato-Regione, Costa for president


22/05/2012 Belmonte Mezzagno

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